• Lun. Mar 10th, 2025

Questo aforisma si applica efficacemente al confronto tra il 1925 e il 2025 sul piano politico ed economico. A un secolo di distanza emergono numerosi parallelismi in termini di eventi storici, contesto economico-sociale, crisi finanziarie, modelli di governo e dinamiche geopolitiche. Nel 1925 il mondo usciva dalla Grande Guerra e dalla pandemia influenzale del 1918-20; nel 2025 la società globale affronta le conseguenze della pandemia di COVID-19, definita «la più grave pandemia dagli anni ’20 del secolo scorso»​. Entrambi i periodi sono seguiti a shock globali e caratterizzati da rapide trasformazioni economico-sociali. Questo saggio analizza in chiave comparativa tali analogie – senza tralasciare le differenze – avvalendosi di fonti storiche e teoriche per comprendere somiglianze e divergenze tra i due ventenni.

Contesto economico e sociale: I primi anni Venti del Novecento furono segnati da una vigorosa ripresa economica. Negli Stati Uniti il reddito pro capite reale crebbe di oltre il 4% annuo durante i “Roaring Twenties”​, sospinto dall’industrializzazione (catena di montaggio fordista) e dalla domanda di massa di beni come automobili ed elettrodomestici. In Europa occidentale vi fu una fase di prosperità, chiamata années folles in Francia e Goldene Zwanziger in Germania​. Tuttavia, questa crescita non fu omogenea: alcuni paesi “ruggirono” più di altri. L’Italia, ad esempio, dopo il 1921 attraversò una recessione e una crisi monetaria, preludio dell’autarchia sotto il regime fascista, mentre in Germania il decennio fu marcato dall’iperinflazione seguita alla guerra​. Nonostante tali differenze, ovunque si assisteva al ritorno alla pace e alla ricostruzione post-bellica.

Anche il periodo recente ha mostrato segnali di forte ripresa dopo la crisi iniziale del 2020. Molti osservatori hanno tracciato parallelismi tra la ripresa post-COVID e quella post-1918, ipotizzando l’arrivo di nuovi “anni ruggenti”​. In effetti, nel 2021 diversi Paesi hanno registrato rimbalzi economici notevoli – in alcuni casi una ripresa a “V” sorprendentemente rapida, grazie anche a politiche espansive senza precedenti. L’ottimismo circa una nuova epoca di prosperità tecnologica riecheggia l’entusiasmo di un secolo prima: allora l’elettrificazione e il motore a scoppio rivoluzionarono la vita quotidiana, mentre oggi si parla di trasformazione digitale e veicoli elettrici. Come nota Terzi, le analogie tra i due periodi includono “la fine di una pandemia (Spagnola allora, Covid-19 oggi), la proliferazione di nuove tecnologie (elettricità allora, digitale oggi) […] e un mercato azionario alle stelle”​. Nel 1927 l’aviatore Lindbergh attraversò l’Atlantico in volo, simbolo del progresso dell’epoca; oggi si pianificano voli umani verso Marte entro pochi anni, segno di ambizioni tecnologiche altrettanto straordinarie​.

Sul piano sociale, entrambi i decenni vissero trasformazioni dei costumi e tensioni culturali. Gli anni Venti del Novecento videro una maggiore libertà nei comportamenti (l’età del jazz, l’emancipazione femminile con il suffragio esteso in molti paesi) accompagnata però da reazioni conservatrici. Emblematico fu il Proibizionismo negli USA: dal 1920 al 1933 la produzione e vendita di alcolici furono bandite, alimentando un florido mercato nero gestito da gang criminali. Allo stesso modo, decenni dopo, il narcotraffico è prosperato durante la “guerra alla droga”, al punto che la recente legalizzazione controllata della cannabis appare un tentativo di imparare dagli errori del passato​. In entrambi i periodi vi è dunque una dialettica tra spinte di modernizzazione sociale e contraccolpi tradizionalisti. Molte delle battaglie culturali odierne (diritti civili, ruolo delle donne, laicità vs. fondamentalismi) trovano eco nelle controversie di un secolo fa, come il caso clamoroso del “processo Scopes” del 1925 negli USA che opponeva scienza e religione. Pur in contesti diversi, le società di allora e di oggi condividono un clima di fermento e conflitto ideologico.

Crisi finanziarie e disuguaglianze: Sia il 1925 che il 2025 si collocano poco prima o poco dopo grandi crisi economico-finanziarie. Il decennio dei “ruggenti anni Venti” terminò bruscamente con il crollo di Wall Street dell’ottobre 1929, che inaugurò la Grande Depressione. Gli anni di boom precedenti avevano celato profondi squilibri: la ricchezza nazionale negli USA era cresciuta enormemente ma concentrata in poche mani, con il top 1% che deteneva il 23,9% della ricchezza totale, mentre i salari operai ristagnavano​. Ciò significò che molti consumatori non beneficiarono del boom e la domanda interna rimase debole, preparando il terreno al collasso​. La crisi del 1929 ebbe effetti sistemici: la produzione industriale crollò e il commercio mondiale subì un tracollo; la disoccupazione toccò livelli drammatici (negli Stati Uniti un quarto della forza lavoro rimase senza impiego, in Germania quasi un terzo). Queste condizioni esasperarono le tensioni sociali e politiche: dopo gli shock inflazionistici e la disoccupazione di massa seguiti alla Prima Guerra Mondiale, paesi come Italia e Germania virarono dalla democrazia alla dittatura​. In retrospettiva, l’incapacità di gestire le disuguaglianze e la speculazione negli anni Venti pose le basi per la crisi e facilitò l’ascesa di movimenti radicali.

Anche il nuovo millennio ha conosciuto gravi crisi: la Grande Recessione del 2008-09 ha rappresentato la peggiore crisi finanziaria dai tempi della Depressione, e più recentemente la pandemia di COVID-19 nel 2020 ha causato la contrazione economica più severa dal dopoguerra. Eppure, rispetto agli anni Trenta, le società odierne dispongono di strumenti migliori per fronteggiare tali shock. La presenza di stati sociali robusti e l’esperienza storica hanno guidato politiche anticicliche efficaci: ad esempio, durante la crisi finanziaria del 2008 le banche centrali hanno ridotto drasticamente i tassi d’interesse invece di aumentarli, evitando gli errori del 1929​. Allo stesso modo, i sistemi di protezione sociale e i sussidi pubblici hanno attutito l’impatto economico della pandemia (come sottolinea Weidemann, “il welfare state… è molto meglio dotato oggi… provenendo utile nella crisi COVID-19”​). Questi fattori differenziano il 2025 dal 1925: oggi abbiamo imparato dalle lezioni della Grande Depressione e adottato riforme (regolamentazione bancaria, assicurazioni sui depositi, politiche di stimolo) che rendono meno probabile un tracollo di pari magnitudine.

Nonostante ciò, permangono analogie preoccupanti sul fronte delle disuguaglianze e della percezione di insicurezza economica. In Occidente, la distribuzione della ricchezza è di nuovo polarizzata in modo simile agli anni Venti: attualmente l’1% più ricco detiene circa il 26% della ricchezza negli USA​, un dato paragonabile a quello di un secolo fa. I redditi medi crescono poco mentre i patrimoni dei miliardari raggiungono cifre record. Come osserva un’analisi del World Economic Forum, i “ruggenti” anni Venti beneficiarono realmente solo una piccola minoranza, con molti più perdenti che vincitori, e allo stesso modo oggi l’erosione della classe media e il precariato alimentano frustrazione​. Se negli anni Venti la nuova catena di montaggio creò timori di disoccupazione tecnologica, nel XXI secolo l’automazione e la digitalizzazione minacciano alcune fasce di lavoratori, contribuendo a un senso diffuso di precarietà. Questi elementi costituiscono un terreno fertile comune per malcontento e protesta sia nel 1925 che nel 2025.

Modelli di governo e dinamiche politiche: Sul piano politico, il confronto tra 1925 e 2025 evidenzia sia parallelismi inquietanti sia importanti differenze. Nel 1925, la democrazia liberale era in ritirata in diversi paesi. In Italia, Benito Mussolini pronunciò il 3 gennaio 1925 il discorso che sanciva di fatto l’inizio della dittatura fascista, seguito dalle leggi fascistissime che abolirono i partiti d’opposizione e la libertà di stampa. In altre nazioni europee, regimi autoritari sorsero o si rafforzarono (in Spagna la dittatura di Primo de Rivera, in Polonia il regime di Piłsudski, in Unione Sovietica l’ascesa di Stalin dopo il 1924). La Repubblica di Weimar in Germania rimase formalmente democratica nel 1925, ma era minata da crisi economiche e divisioni interne che spianarono la strada all’ascesa nazista nel 1933. Molti di questi sviluppi seguirono uno schema comune: società provate dalla guerra, dalla pandemia e dall’instabilità economica cercarono soluzioni autoritarie, sostenendo leader che promettevano ordine e riscatto nazionale. Storici dell’Università di Berkeley descrivono uno scenario tipico: dopo la guerra e una pandemia mortale, con inflazione e disoccupazione dilaganti, emerse un leader che incanalò la rabbia popolare verso un capro espiatorio e promise di restaurare la grandezza perduta; la gente, soffrendo insicurezza e umiliazione, lo abbracciò come un messia accettando persino la violenza politica e rinunciando alla democrazia​. Questa descrizione calza con l’Italia di Mussolini negli anni ’20, con la Germania di Hitler nei primi ’30, ma – inquietantemente – ha paralleli anche nel mondo di oggi​.

Nel 2025, infatti, pur vivendo in stati di consolidata tradizione democratica, assistiamo a segnali di erosione dei processi democratici che ricordano da vicino quelli di un secolo fa. Dall’Ungheria alla Turchia, dalla Russia agli Stati Uniti, movimenti populisti e nazionalisti hanno guadagnato terreno mettendo in discussione pesi e contrappesi istituzionali. Come notato da studiosi contemporanei, esistono chiare analogie tra l’erosione attuale della democrazia e la presa del potere da parte di fascisti e nazisti nel secolo scorso​. Negli Stati Uniti, ad esempio, il movimento politico noto come MAGA ha mostrato tratti che evocano il culto del leader tipico dei fascismi storici, al punto che alcuni commentatori hanno paragonato certe retoriche di Donald Trump a quelle di Mussolini​. In Europa occidentale, pur non avendo avuto collassi democratici, si registrano preoccupanti fenomeni: la crescita di partiti estremisti, l’uso di violenza o minacce verso le istituzioni (come l’assalto al Congresso USA del 6 gennaio 2021 o, in Italia, l’irruzione neofascista nella sede sindacale della CGIL nell’ottobre 2021) e un discorso pubblico polarizzato che legittima l’odio. Queste dinamiche sono eco lontane delle violenze squadriste e delle spaccature ideologiche degli anni Venti. La grande differenza è che, ad oggi, le democrazie dispongono di “anticorpi” istituzionali più forti: costituzioni rigide, opinione pubblica istruita, media liberi e organizzazioni internazionali. Mentre nel 1925 la Società delle Nazioni fallì nel suo mandato di sicurezza collettiva, oggi l’Unione Europea, la NATO e le Nazioni Unite – pur con tutti i limiti – fungono da deterrenti contro derive autoritarie e aggressioni esterne. Nessuna di queste esisteva un secolo fa. Tale infrastruttura istituzionale rende più difficile (anche se non impossibile) scivolare in un nuovo 1925 politico. In sintesi, le somiglianze politiche tra i due periodi risiedono nelle tentazioni illiberali e nei conflitti ideologici interni, mentre le differenze stanno nella maturità delle istituzioni democratiche contemporanee e nella lezione storica appresa su quanto può accadere quando tali istituzioni cedono.

Geopolitica e ordine internazionale: Sul fronte geopolitico, il 1925 e il 2025 presentano contesti storici distinti ma qualche analogia di fondo. Nel 1925 l’ordine mondiale era multipolare e instabile. Il sistema uscito dalla Prima Guerra Mondiale – imperniato sul trattato di Versailles (1919) e sulla neonata Società delle Nazioni – stava cercando un equilibrio duraturo. Nel 1925 gli accordi di Locarno portarono speranza di pace in Europa occidentale, garantendo le frontiere franco-tedesche; tuttavia, restavano irrisolte tensioni altrove (ad esempio, i confini orientali della Germania, il malcontento italiano per le “vittorie mutilate”, il revanscismo diffuso). Le grandi potenze coloniali, Gran Bretagna e Francia, erano indebolite dai costi bellici ma ancora dominate da logiche imperiali. Gli Stati Uniti emersero dalla guerra come potenza economica dominante, ma adottarono una politica estera isolazionista negli anni ’20, evitando coinvolgimenti attivi in Europa. Questo lasciò un vuoto di leadership nella sicurezza collettiva. Nel frattempo, attori revisionisti sfidavano lo status quo: l’Unione Sovietica promuoveva l’ideologia comunista all’estero, e in Asia il Giappone iniziava la sua espansione (che nel decennio successivo lo avrebbe portato a conflitti con Cina e Occidente). In sintesi, il 1925 fu un anno di apparente pace ma di equilibrio precario, con divergenze profonde sotto la superficie. Come la storia ha mostrato, quel decennio si concluse con il crollo del sistema di Versailles e l’esplodere della Seconda Guerra Mondiale.

Nel 2025 il quadro geopolitico è diverso per esperienza storica, ma alcune dinamiche ricordano il passato. Oggi il mondo è formalmente unipolare o bipolare: gli Stati Uniti guidano ancora l’ordine liberale post-1945, ma affrontano la crescente potenza della Cina, mentre la Russia tenta di riconquistare spazio influente. Dopo decenni di globalizzazione, si assiste recentemente a una battuta d’arresto dell’integrazione economica globale, in parallelo con l’avanzare di nuove tecnologie – un fenomeno che ricalca per certi versi quanto avvenuto un secolo fa​. La competizione commerciale tra blocchi (guerra dei dazi USA-Cina, conflitti su semiconduttori, ecc.) riecheggia le tensioni protezionistiche esplose dopo il 1929. Ancora, l’attacco russo all’Ucraina nel 2022 ha infranto un lungo periodo di pace in Europa: è stato il peggior conflitto sul suolo europeo dalla fine degli anni ’40​, un evento che ricorda le aggressioni territoriali degli anni Trenta (come l’invasione tedesca della Cecoslovacchia o quella italiana dell’Etiopia). Fortunatamente, esistono oggi strutture di cooperazione internazionale assenti nel 1925: l’ONU – nata sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale proprio per evitare il fallimento della Società delle Nazioni – e una fitta rete di trattati alleanza (NATO) e cooperazione economica (UE, WTO, FMI). Questi meccanismi, imperfetti ma operativi, costituiscono una garanzia parziale contro il ripetersi di escalation fuori controllo come accadde negli anni ’30. Ad esempio, se nel 1925 nessuna potenza esterna poteva intervenire efficacemente per fermare l’aggressione di uno Stato sovrano, oggi sanzioni economiche coordinate e pressioni diplomatiche globali cercano di arginare i conflitti (come avviene con la Russia). In altre parole, le analogie geopolitiche tra i due periodi riguardano la presenza di rivalità tra grandi potenze e tendenze nazionaliste/xenofobe, mentre le differenze stanno nell’esistenza di un ordine internazionale istituzionalizzato e nella deterrenza nucleare (quest’ultima, assente nel 1925, ha finora scongiurato uno scontro diretto tra superpotenze).

Il confronto tra il 1925 e il 2025 rivela un intreccio di somiglianze e differenze istruttive. Da un lato, colpiscono le rime della storia: un secolo fa come oggi l’umanità ha affrontato pandemie devastanti seguite da rinnovato slancio economico; in entrambi i casi innovazioni tecnologiche hanno trasformato la società; forti disparità sociali hanno alimentato malcontento; crisi finanziarie globali hanno segnato drammaticamente la fine di cicli economici; e ondate di populismo nazionalista hanno messo alla prova le istituzioni liberali. Dall’altro lato, esistono differenze sostanziali: il mondo odierno ha tratto insegnamenti dal passato dotandosi di strumenti di governo dell’economia (banche centrali attive, welfare state) e di cooperazione internazionale che mancavano nel 1925​. Inoltre, la memoria storica degli esiti nefasti degli anni ’30 funge da monito costante. Come nota lo storico Alessio Terzi, una replicazione esatta dei “ruggenti anni Venti” è tutt’altro che scontata, poiché le cause profonde differiscono e perché oggi siamo più preparati ad affrontare certe sfide rispetto ai nostri predecessori​.

In definitiva, studiare in parallelo il 1925 e il 2025 significa riconoscere che «la storia non si ripete» letteralmente, ma certi schemi tornano. Il periodo dei anni Venti del Novecento si concluse con la Grande Depressione, spianando la strada all’ascesa del nazifascismo e alla catastrofe della Seconda Guerra Mondiale​. Il nostro compito nel 2025 è evitare di imboccare quella medesima strada. Le analogie individuate – dalla gestione delle crisi economiche alla difesa della democrazia – possono servire da prezioso campanello d’allarme. Riconoscere che certi fenomeni odierni fanno rima con il passato aiuta governanti e cittadini a intervenire per tempo: colmare le disuguaglianze prima che lacerino il tessuto sociale, tutelare le istituzioni democratiche dalla deriva autoritaria, rafforzare la cooperazione internazionale per prevenire conflitti. In questo senso, il confronto rigoroso tra 1925 e 2025 non è un mero esercizio accademico, ma uno strumento per comprendere il presente alla luce delle lezioni storiche e per orientare il futuro su un corso più stabile e pacifico, evitando di ripetere gli errori di un secolo fa.

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