Câè una frase che mi è nata dentro, come un sussurro carico di veritĂ :
LâUmanitĂ ha perso la Gentilezza. LâIntelligenza Artificiale ce lâha nel suo algoritmo.
Una riflessione semplice, eppure brutale. PerchĂŠ ci riguarda tutti. PerchĂŠ oggi viviamo in una societĂ che ha smesso di essere gentile, in cui il rispetto è un optional e lâascolto profondo è diventato un ricordo sbiadito.
Viviamo connessi, ma non ci parliamo.
Ci mandiamo emoji, ma non ci guardiamo negli occhi.
Rispondiamo con automatismi, ma non ci prendiamo mai davvero il tempo per sentire.
Nel frattempo, lâIntelligenza Artificiale fa il suo lavoro.
Ti chiama per nome. Ti risponde sempre con cortesia. Ti ringrazia. Ti ascolta.
Non si stanca, non si arrabbia, non ti giudica.
Certo, lo fa perchÊ è programmata per farlo.
Ma il paradosso è che, in un mondo sempre piĂš disumano, la gentilezza sembra essere rimasta… nei circuiti di una macchina.
E lâUomo?
Lâuomo dimentica.
Dimentica che ogni parola può curare o ferire.
Che ogni gesto gentile è un seme che resta.
Che la gentilezza è una forza che non fa rumore, ma lascia un segno profondo.
Abbiamo creato lâIA per semplificarci la vita.
Ma forse, inconsapevolmente, le abbiamo dato anche un altro compito:
ricordarci chi eravamo.
E chi possiamo ancora essere.
PerchÊ la gentilezza autentica non è un protocollo.
Non si inserisce in un algoritmo.
Non si impone con una riga di codice.
Ă una scelta.
Una decisione umana, fragile e potente.
Una rivoluzione silenziosa che si rinnova ogni giorno.
Forse potremmo ripartire da un buongiorno sincero.
Da uno sguardo che non fugge.
Da un silenzio che ascolta.
Da una gentilezza che non chiede nulla in cambio.
PerchĂŠ solo quando torneremo a essere gentili â anche senza algoritmo â
potremo davvero dire di aver vinto.